VIA COMICI, SPIGOLO NE – JALOVEC
Jalovec – Spigolo NE (via Comici)
VI+
ripetizione: M. Dall’Argine e Gianluca Lagnese 27/07/24
Lo spigolo nord-est dello Jalovec, per come figura nel contesto che lo circonda, sembra proprio una linea perfetta. E’ distinguibile da tutte le altre forme e come dice il relatore Saverio D’Eredità sembra lo spigolo di un gigantesco cristallo incastonato nella val Planica. Date queste premesse, in qualche modo la linea doveva stimolare l’estro creativo del capostipite dell’alpinismo romantico: parlo ovviamente di Emilio Comici. La goccia cadente, la via ideale, che è bella non necessariamente in quanto offre una scalata estetica, è bella in quanto tale. Ma non è il solo ad aver completato secondo il suo pensiero ciò che Friederich Horn aveva cominciato sullo Jalovec, una delle vette più affascinanti delle Alpi Giulie. Di fatto la via Comici figura come una variante, variante di un’altra via aperta da Igor Omerza e France Ogrin nel 1932. Secondo la guida slovena “Slovenske stene”, ed. Didatka, la Comici è diventata più popolare rispetto alla precedente slovena poiché il triestino già faceva parlare di sé anche oltre confine.
Da tempo non mi avvicinavo alle montagne “di casa” che sono sì severe ma costano meno… e non mi riferisco solo alle risorse materiali. Costano meno nostalgia di casa e meno malinconia, quella tipica delle sere passate in luoghi lontani dove ci si sente foresti. Però, è anche vero che il fascino selvaggio e terribile delle Giulie provochi una sana preoccupazione. Gianluca deve partire per l’Australia e prima di allora vuole percorrere almeno una via sulle vette slovene che ormai per lui sono vicinissime vivendo da poco a Lubiana. Gli sloveni gli suggeriscono questo spigolo perché è una gran classica se comparata alle severissime vie del vicino Travnik o il vicino Mangart. È una salita comunque fuori dal comune per impegno fisico richiesto e interesse alpinistico. I “tre terzi” della grande parete dello Jalovec raccontano in effetti una lunghissima storia, quella che parte dalla via Horn lungo uno zoccolo dalle atmosfere pionieristiche, che si sviluppa sul romantico spigolo a goccia cadente e che termina sul cosiddetto “tetto dello Jalovec”, dove senza riferimenti si sale verso la vetta seguendo perlopiù tracce di animali. A Emilio Comici “piacevano proprio queste cose” dice l’amico Gianluca trovandosi in massima esposizione sul filo dello spigolo: in effetti ha ragione. Il Buscaini paragona questa salita al Salame al Sassolungo e non si può far a meno di pensare anche al famosissimo Spigolo Giallo nel cercare di capire che tipo di forme attirassero uno dei più grandi alpinisti degli anni ’30. Straordinario l’ardimento di Comici, grandioso il contesto e la discesa lungo la cresta nord-ovest, una storia pregna di dettagli tecnici che voglio condividere per mettere in guardia tutti i ripetitori ma anche solamente per il piacere di condividere una bella storia.
Partiamo. La sera del 26 luglio, arriviamo nei pressi della vallata del Tamar, dove messi in spalla gli zaini pieni di materiale utile al bivacco e alla scalata dell’indomani, ci muoviamo verso il rifugio. Saranno due buoni samaritani sloveni a caricarci sulla loro macchina e portarci più avanti notando il nostro fardello. Gianluca che, nonostante soggiorni da circa un anno a Lubiana, già mastica la lingua slovena, apre quello che sembra un utile canale di comunicazione con i due. Io intuisco però poche cose: andranno sul Travnik l’indomani e il bivacco nella zona è severamente vietato. Immediatamente quelle belle sensazioni orchestrate dalla luce e i rumori della sera lasciano spazio alla preoccupazione. Un pò spiacevole in effetti schivare il saluto al rifugio per correre al riparo tra gli alberi. La gentilezza dei padroni di casa però ha la meglio sulle nostre intenzioni. Giunti al rifugio che sapevamo essere pieno, ci viene concesso un “buchetto” comodissimo nel sottotetto, lontano dalla bolgia. Al calare della luce, alcuni insistenti disturbatori vengono bruscamente messi a tacere da un gruppo di escursionisti che si sveglieranno come noi molto presto e con grande efficienza cominceranno a salire verso il Kotovo Sedlo, forcella che guarda alla nord dello Jalovec. Gianluca ammira molto questa gente e il loro modo preparato e consapevole di andar “per croda”.
La sveglia suona alle 4.00, colazione col fornelletto e si parte alla tenue luce della frontale verso monti sconosciuti, dove il buio tocca la volta celeste, nell’arcano silenzio della montagna.
Giunti all’attacco siamo in anticipo sulla tabella di marcia e abbiamo il tempo di preparare il materiale con calma mentre seguiamo due agilissimi camosci traversare il mare biancastro di ghiaia. La loro danza è un’evidente dimostrazione di selezione naturale, l’architetto di perfezionamenti duranti millenni.
Di seguito alcune informazioni tecniche:
Abbiamo fatto riferimento alla guida “IV grado e più, Friuli orientale”; di Zorzi, Piovan e D’Eredità, idea Montagna editoria e alpinismo.
Alla base del canale d’attacco è presente un chiodo. Dopo aver percorso da destra a sinistra il canale, si devia a destra quando questo si apre raggiungendo una sosta su chiodi abbastanza evidente (circa 30 metri). Si prosegue diritti sino a raggiungere la base di un camino verticale che si può evitare sulla destra salendo per placche poco proteggibili. Sopra al camino si trova una sosta con cordini ancora una volta evidente. Da qui si traversa a sinistra fino ad affrontare un passo esposto e ben protetto che porta alla base di un camino-colatoio. Questo si scala non banalmente (p. IV+) fino a raggiungere una zona vicina alla grande terrazza che segna il primo terzo di parete. Tutti i tiri dello zoccolo sono piuttosto brevi.
Percorsa la grande terrazza verso destra, si raggiunge il suo margine destro. Da qui si notano alcune lunghe fessure-diedro che incidono da sinistra verso destra la parete: si sale quella che conduce alla sommità di un evidente pulpito utilizzando perlopiù protezioni veloci (circa 40 metri). Un altro breve tiro sostenuto (circa 20 metri) porta ad una sosta che sancisce l’inizio di un traverso verso destra in parete nord seguendo una buona cornice ad un certo punto interrotta, cosa che forza un passo non semplicissimo (IV) per raggiungere l’evidente nicchia con sosta a 3 chiodi con cordini (i chiodi non hanno un bellissimo aspetto). Si nota un chiodo in alto a sinistra che consente un’altra traversata verso lo spigolo e ancora altri chiodi indicano la direzione da seguire. Un passo in verticale dopo il traverso a sinistra è particolarmente impegnativo se fatto in libera (VI) e anticipa una breve cavalcata dello spigolo in grande esposizione che permette di raggiungere una comoda cengetta meno aerea (anche questo tiro inaspettatamente breve, circa 20 metri). La placca giallastra soprastante ospita un altro passaggio che abbiamo percepito impegnativo (VI) e porta ancora una volta inaspettatamente presto ad una sosta su cengia. Conviene forse ignorarla e salire ancora per pochi metri fino ad una cengia soprastante con nicchia: si individuano due chiodi a terra. Da qui ci si sposta a sinistra e si va in verticale cercando il “facile nel difficile” tra alcune fessure e brevi passi strapiombanti (IV+, circa 30 metri, roccia di brutta qualità sempre da verificare. Se non altro anche qui appaiono alcuni chiodi). Tre chiodi di sosta sono alla base dell’ultimo tiro, anche questo breve ma sicuramente intenso: si sale verso destra sino a notare un friend incastrato che invita a traversare nettamente verso destra. Si seguono dei chiodi su roccia molto sporca e difficoltà di V, raggiungendo un passo strapiombante molto atletico (probabilmente VI+) da farsi obbligatoriamente se si decide di evitare un lungo cordino penzolante. Questo è legato ad una roccia mobile dentro una fessura, io e Gianluca non ci siamo fidati e abbiamo preferito non utilizzarlo. Poco oltre lo strapiombo si individua una sosta ma se si prosegue ancora verticalmente su roccia malsicura si giunge presto ad un’altra. Da qui si sale su roccia e detriti su difficoltà decrescenti verso l’ampia terrazza del tetto, dove un chiodo sulla destra segnala un possibile punto di sosta. Da qui comincia l’ultimo terzo della via che può essere affrontato da slegati o con qualche passo protetto. Va seguito un canale evidente e ripido che sale da destra a sinistra e porta ad una zona di rocce più appoggiate. Da qui si sale verso la cima dello Jalovec cercando di non perdere quota e cercando i punti meno esposti ed impegnativi. Si può scovare raramente qualche ometto.
Giunti in cima allo Jalovec decidiamo di seguire la cresta nord ovest che scende bruscamente consentendo di perdere velocemente quota. La discesa è sempre e chiaramente segnata con bolli e linee rosse, alcuni tratti attrezzati con cavi e staffe in buone condizioni agevolano la progressione.
Poco lontano dal Kotovo Sedlo, il panorama prima coperto da dense nuvole si palesa adesso ai nostri sensi: una catarsi. Le pareti delle Ponze e la muraglia del Mangart di Coritenza precipitano verso la valle e noi siamo in piedi su un’erba grassa, robusta e profumatissima. Il desiderio puerile di sdraiarci su quel soffice tappeto è più forte della necessità di rincasare velocemente, tant’è che Gianluca fermatosi al cospetto di una zona particolarmente densa d’erba, tuffa il viso in mezzo ai fiori e inspira forte.
La scalata (avvicinamento, zoccolo, spigolo, tetto e discesa) si esaurisce in circa 14 ore. Scendiamo rapidi lungo la carrareccia che dal rifugio porta alla civiltà e torniamo verso Lubiana che è ormai buio.
Mauro Dall’Argine