PHOTO GALLERY – CONVEGNO INVERNALE DEL GARS
I giorni 4 e 5 marzo del 2023 si è tenuta la seconda trasferta del GARS con il nuovo direttivo. Più di qualche autorevole interprete della scena alpinistica triestina ricordava a me e al segretario che GARS significhi “gruppo alpinisti rocciatori e sciatori”: insomma, il garsino è anche un alpinista invernale, non solo un arrampicatore delle pareti asciutte. Non so se posso parlare a nome di Mauro Bologna ma personalmente avevo un po’ di timore all’inizio; timore di essere identificato come un punto di riferimento quando mi sono sempre sentito parte delle più recondite retrovie. In seconda fila si sta bene, non si rischia di essere additati come colpevoli di un fatto, di un danno, ci si può sentire (erroneamente) de-responsabilizzati. Ma ammetto ora che è bello gestire questo GARS con tutte le responsabilità culturali ed amministrative che ne derivano. Avevo una gran paura di non riuscire a coniugare il puer con il senex, le esigenze delle passate generazioni di alpinisti con quelle attuali. Sentiamo spesso lamenti di corridoio su quanto l’alpinismo sia cambiato, su come fosse meglio prima, su come tutti vogliano scalare e abbiano le tecnologie a disposizione per farlo in fretta e (apparentemente) senza rischi. Avevo anche timore che i nostri “padri” (i nostri maestri) avessero un pregiudizio nei nostri confronti e che non ci dessero la loro fiducia. Fino ad ora così non è stato, forse per la nostra voglia di continuare ad apprendere, forse per la loro voglia di coltivare una nuova generazione di alpinisti ancora affezionati alla ricerca, all’esplorazione, alla storia, a lunghe notti e lunghi avvicinamenti.
Le trasferte le chiamano “convegni” e secondo me non c’è parola più azzeccata. Spesso collego questo termine ad una grigia seduta di aggiornamento. E’ stato un aggiornamento sì, ma informale, nel cuore di due giorni di attività sci alpinistica soddisfacente, effettiva.
Il primo giorno saliamo dal passo Vrsi sino agli stretti canali che incidono la parete della piccola Moistrocca, una giornata perfetta dal cielo blu e con i contorni delle Alpi Giulie slovene. Tentiamo di salire i ripidi canali con ramponi e piccozza e lo facciamo più per raggiungere un uomo immobile al centro della muraglia che per salire fino in cresta. Riusciamo a comunicare con lui: sta bene ma è bloccato poco più in alto, non riesce a salire, non riesce a scendere. Ha chiamato i soccorsi e ci intima di andarcene prima che arrivi l’elicottero. Così scendiamo rapidi, mettiamo gli sci e su una neve eccezionale arriviamo alla base del canalone della normale dove messe le pelli saliamo sino in cresta. Proseguiamo con gli sci sullo zaino e il suono dell’elicottero nell’aria sino in vetta dove circondati dal Triglav, lo Jalovec e il Mangart contempliamo le Alpi Giulie e le spaventose cornici che sporgono nel vuoto. Scivoliamo per la seconda volta su neve polverosa sino a dove la via si biforca verso la Velika Mojstrovka e decidiamo di salirvici. Raggiunta la cima ci aspetta una terza lunga sciata, diventata complessa sul finale, in prossimità del passo.
Ricongiunti con la seconda parte del gruppo nel pomeriggio, ci raccontiamo a vicenda le varie attività: gli altri hanno fatto un bel giro in zona Ljubelj. Cresce il desiderio di condividere la giornata successiva, un po’ come sarebbe cambiare compagno di cordata su roccia ed accrescere la nostra affinità come gruppo. Decidiamo di salire lungo la val Carnizza sino allo scuro anfiteatro tenendo a destra la parete del Prisojnik. Ci attende una neve d’eccezione e mi attende una lunga riflessione che culminerà nel pomeriggio davanti ai garsini presenti sotto forma di “relazione morale”.
Mi ricordavo di un 70enne Alessandro Gogna che arrampicando con giovani guide alpine dice “io, nell’arrampicare con voi, mi sento a mio agio… io sono voi!”. Non ho percepito una distanza di età tra i neo-garsini e quelli d’altri tempi, a dire il vero non ho sentito proprio alcuna differenza in generale. Sciavamo vicini, con eleganza: giubbe arancioni in coro a colorare i pendii scuri. Pare poi che la montagna riesca a placare le passioni: tutti quegli eventuali attriti che per divergenze alpinistiche o complessi motivi personali possono scaturire in un grande gruppo, vengono meno andando per croda. Ecco che persone seppur tanto diverse tra loro, trovano nella fatica l’equilibrio, fatica che diventa per tutti noi il più grande dei riposi.
Mauro Dall’Argine, Trieste 08/03/2023