IL MONTE SABOTINO E LA SUA STORIA
Parcheggio a quota 200 sulla strada del Sabotino, sent. 97, San Valentino (538 m), Sabotino (609 m), rif. del m. Sabotino (570 m), cresta Nord, Podsenica (148 m).
La Commissione Escursioni della Società Alpina delle Giulie e il Gruppo Escursionismo dell’Associazione XXX Ottobre propongono un’escursione, a carattere prevalentemente storico, sul monte Sabotino che, nel corso della prima guerra mondiale, fu un formidabile baluardo lungo il Fronte dell’Isonzo.
NOTE STORICHE della Grande Guerra sul monte SABOTINO (a cura di Livio Marassi)
La conquista del monte Sabotino fu probabilmente la più grande vittoria dell’esercito italiano sul fronte dell’Isonzo (assieme al monte Nero) durante i primi due anni della Grande Guerra. L’inutile guerra di logoramento che insanguinò il Carso per Undici battaglie, più la decisiva Dodicesima (di Caporetto) fu caratterizzata da lotte spaventose per il possesso di un arido vallone o di un dosso senza nome. Durante la Sesta battaglia, gli italiani riuscirono a conquistare una delle roccaforti più importanti del sistema difensivo austro-ungarico, ritenuta invincibile.
Dal 24 maggio 1915, inizio della guerra, il piano italiano di Cadorna, aveva individuato nella valle dell’Isonzo la sola via percorribile verso il cuore dell’impero asburgico; così, trincea dopo trincea, pietra dopo pietra, l’esercito italiano arrivò davanti al campo trincerato di Gorizia, formato dalle colline del Calvario (Podgora), dell’Oslavia e del pilastro roccioso del Sabotino.
Il VI Corpo d’Armata sferrò ripetuti sanguinosissimi attacchi nel corso della Terza e Quarta battaglia dell’Isonzo (ottobre-novembre 1915), senza però riuscire a intaccare la linea di resistenza nemica.
Il Comando italiano alla fine comprese che l’assalto frontale portato dalla pianura a ondate sempre più numerose, verso la montagna, era soltanto che una carneficina.
Il Sabotino sembrava imprendibile, incombeva dall’alto, con i tenaci difensori austro-ungarici ben posizionati sulla cresta con cannoni e mitragliatrici.
Era necessario cambiare il modo di attaccare; nel febbraio 1916, venne destinato in questo settore del fronte l’allora tenente colonnello Badoglio, che organizzò la posizione, la studiò e predispose una nuova tattica: avvicinarsi il più possibile all’obiettivo e raggiungere il punto da dove, con un balzo, vincere la resistenza dei difensori.
Con lo scavo di profonde trincee e la costruzione di camminamenti blindati, i fanti italiani avanzarono sul pendio meridionale della montagna e durante la Quinta Battaglia (maggio 1916) si portarono a 30 metri dalla linea avversaria, a quota 513 m, dove si scavarono due grandi caverne, capaci di contenere i reparti d’assalto.
Nei primi giorni d’agosto era tutto pronto per lo scontro finale, ma chi erano i contendenti che si preparavano a fronteggiarsi per il possesso del monte Sabotino?
Da una parte, la Brigata Lupi di Toscana del 78° Reggimento, “Lupi” perchè si racconta che in precedenti scontri, gli austriaci davanti all’eroismo dei suoi fanti avessero gridato ” questi non sono uomini ma lupi” (da qui il motto “Tusci ab hostium grege legio vocati luporum – i toscani sono chiamati dal gregge dei nemici legione di lupi”).
Dalla parte opposta i difensori, un battaglione di Schützen dalmati del 37° Reggimento fucilieri, soldati per tradizione atavica, figli delle montagne rocciose che precipitano nell’Adriatico, animati da una volontà incredibile, che combattevano spesso soltanto con il coltello fra i denti, con le mazze ferrate o a mani nude.
Alle ore 16:00 del 6 agosto 1916, dopo il fuoco tambureggiante delle artiglierie italiane, i fanti di tre brigate, forti di dodicimila uomini, si lanciarono all’assalto.
In soli quaranta minuti l’inespugnabile fortino crollò e il monte Sabotino era conquistato dagli italiani.
La conquista fu così rapida e travolgente da meritare la consacrazione dannunziana: “fu come l’ala che non lascia impronte, il primo grido avea già preso il monte”. I difensori dalmati furono colti di sorpresa, poiché uno stratagemma li aveva bloccati nelle caverne; prima dell’attacco, le bombarde italiane avevano intensificato l’attività a tal punto che nessuno aveva notato lo spostamento del tiro, mentre era in atto l’assalto.
Gli Schützen dalmati però non si ritirarono e nemmeno si arresero, ma si rifugiarono nelle viscere del monte, pronti a contrattaccare se fossero giunti i rinforzi. Infatti il giorno seguente gli austriaci sferrarono un violento contrattacco.
Gli italiani lo respinsero, rafforzando in tal modo la loro presenza lungo tutto il costone, dalla cima del Sabotino all’Isonzo.
Rimaneva però la sacca di resistenza austriaca all’interno del monte: l’epilogo dello scontro sul Sabotino è uno degli episodi più crudeli e terribili della Grande Guerra.
All’intimazione di resa, rivolta ai difensori, i fanti italiani ebbero come risposta un lancio di bombe a mano e scariche di fucileria. Vennero allora trasportati sul monte contenitori di petrolio con il quale gli italiani irrorarono le gallerie dall’alto al quale, ricevuto un secondo rifiuto alla resa, venne appiccato il fuoco. Allora il Sabotino iniziò a bruciare, fino nelle viscere più profonde. I difensori dalmati morirono tutti, arsi dalle fiamme o soffocati dal fumo. La Sesta battaglia dell’Isonzo era terminata, con una doppia vittoria italiana: la conquista militare del Sabotino e quella morale della presa di Gorizia.
L’esercito italiano trasformò velocemente la roccaforte del Sabotino da difensiva in offensiva. Vennero allargate le caverne e i ricoveri austro-ungarici, furono costruite nuove postazioni d’artiglieria (galleria delle otto cannoniere) con le bocche da fuoco nascoste da un ultimo diaframma di roccia, non viste dagli osservatori austriaci.
Pochi centimetri di pietra carsica, che sarebbero stati abbattuti nel momento in cui le batterie avrebbero aperto il fuoco, all’alba del 12 maggio 1917, inizio della Decima battaglia dell’Isonzo, contro il monte Santo, il Vodice e il San Gabriele.
Perchè la guerra non finiva con il Sabotino ma continuava, assurda, lenta ed infinita, sulla pietraia arida del Carso, portando i due eserciti al massacro totale, fisico e morale.
Difficoltà: Escursionistico (E)
Sviluppo: 12 km
Dislivello: +/- 450
Cartografia: Tabacco n. 054, scala 1:25000
Attrezzatura: utili i bastoncini.
ore 8.00 ritrovo e partenza da Piazza Oberdan (Trieste), rientro previsto a Trieste ore 18.
Escursione effettuata con mezzi propri.
Direttore d’escursione: AE Maurizio Toscano
Quota Soci CAI € 5,00 (inclusiva del contributo per le spese di sopralluogo)
Per i non soci supplemento di € 12,00 per Assicurazione Infortuni e Soccorso Alpino.
Il programma sarà strettamente osservato salvo cause di forza maggiore e attuato secondo il regolamento escursioni e condotto ad insindacabile giudizio del direttore d’escursione.
Info ed iscrizioni alla Società Alpina delle Giulie, via Donota 2, tel. 040 369067 dalle 17.30 alle 19.30 entro venerdì.
foto: Amanda Vertovese
