CRONACHE FRIULANE
Cavallo di Pontebba
via dei finanzieri (Lomasti – Ceccon) (VI)
Ripetizione: Mauro Dall’Argine – Eugenio Dreolin, 16/08/2024
“La mattina del 13 aprile 1978 quattro finanzieri sono impegnati ad aprire una pista lungo la strada ingombra di neve che sale a passo Pramollo, al confine con l’Austria. Durante la notte nevica abbondantemente: sulla strada ci sono quasi settanta centimetri di neve fresca. All’improvviso, quando è ancora buio, una valanga staccatasi dai pendii soprastanti li travolge silenziosamente. I soccorsi e la fortuna consentono di salvarne due, ma per Walter Gollino e Cesare Marinelli è ormai tardi” (Non si torna indietro, la storia di Ernesto Lomasti, Luca Beltrame, i Licheni editore, p.188). “Si chiamerà via dei Finanzieri il nuovo itinerario aperto dal giovane scalatore pontebbano Ernesto Lomasti. Ciò a ricordo degli amici delle Fiamme Gialle morti la scorsa primavera sotto una slavina a Passo Pramollo. E’ proprio nella zona del passo, nel gruppo del monte Cavallo che Lomasti, assieme ad Attilio Ceccon di Pontebba ha aperto la nuova via nella parete nord-est, e più precisamente sull’evidente sperone al centro della parete” (Il Messaggero Veneto, 17 settembre 1978).
Nonostante il nome di Lomasti possa a ragione attirare gli arrampicatori, c’è da dire che si tratta di una salita discontinua e probabilmente meno interessante dell’adiacente “Guerrino Di Marco”, seppur più impegnativa. Tre le lunghezze di corda memorabili: il sostenuto quinto tiro su roccia ottima, il camino del settimo tiro e lo splendido tiro chiave ancora una volta su roccia bellissima. Le soste a fix sicuramente incoraggiano una “ripetizione” dell’itinerario che ai tempi è stato aperto con ridottissimo uso di chiodi. E’ bene considerare che i primi tiri sono insidiosi: presentano qualità della roccia scarsa unita a difficoltà tecniche comunque rilevanti. Di seguito una relazione tecnica. Le lunghezze dei tiri sono indicative.
Risalito il vallone Winkel in direzione della forcella tra torre Clampil e Cavallo, si giunge al cospetto della parete di quota 2204, molto compatta e caratterizzata da un grande tetto a due terzi. L’attacco si trova circa trenta metri più in basso rispetto al pulpito giallastro dove attacca la ben più nota e ripetuta “Guerrino Di Marco”, su un diedro alla base del quale c’è una targa commemorativa appoggiata. A destra dell’attacco si nota anche un diedrino più liscio.
l1: si sale il diedro ben proteggibile a friends raggiungendo una piccola rampa che sale verso destra fino al margine di un breve strapiombo. Un passaggio delicato (V) permette di rimontare lo spancio. Si traversa poi verso sinistra ad un chiodo per poi salire in verticale su terreno di IV grado sostenuto fino ad un terrazzino con sosta a fix (40 m)
l2: lunghezza molto insidiosa e delicata. Va evitato il liscio ma invitante diedro sopra alla sosta (tecnicamente molto complesso e difficilmente proteggibile) scegliendo invece quello più a destra, che è più breve e permette di aggirare uno spigolo (V). Si obliqua a destra salendo alcune fessure su roccia decisamente insidiosa data anche la presenza di erba (V), per poi salire in verticale verso la lunga fascia giallastra ben visibile da terra. Sosta su due fix (40 m)
l3: superato uno scalino sopra alla sosta, si segue brevemente una fessura diedro (III-IV) sostando al suo termine sulla sinistra, su un pulpito con albero. Molta erba. (30 m)
l4: un’altra irregolare fessura/diedro di roccia non ottimale (V-) porta ad una zona a risalti (IV) dove conviene obliquare a destra per incrocaire una cornice detritica sulla quale traversare decisamente a sinistra e tornare sulla verticale della sosta precedente (circa 50 m)
l5: lunghezza interessante per qualità della roccia ed eleganza dei passaggi. Si arrampica un bella fessura obliqua verso sinistra (V) verso una sporgenza da superare con passaggio atletico (V+). Segue ancora una fessura verso sinistra (sempre V sostenuto) fino ad una placca liscia che di certo conviene evitare sulla destra. Sosta a fix sotto ad un muretto scuro lavorato dall’acqua (circa 40 m)
l6: superare direttamente lo strapiombino di ottima roccia nera (V) o evitarlo sulla destra. Si prosegue in diagonale sinistra (IV+) giungendo ad un camino squadrato sulla destra del quale si trova la sosta a fix (30 m)
l7: tiro molto bello con ottima roccia e movimenti in opposizione/sostituzione. Si sale il camino che diventa via via più verticale (IV+) superando poi un passaggio più impegnativo (V) che consente di salire su una zona più appoggiata. Su difficoltà ancora sostenute (IV+) si sale la placca fino alla sosta su fix (circa 50 m)
l8: sopra alla sosta, si punta ad una fessura profonda che si segue in obliquo verso sinistra fino a quando compare il grande tetto dei due terzi di parete (IV/IV+). Si raggiunge la placca sotto al margine destro del tetto. Due fix di sosta (35 m)
l9: tiro chiave della via che non dovrebbe destare grande preoccupazione data la buona chiodatura, la non eccessiva esposizione e la bellissima roccia. Solo il “rimonto” del margine destro del tetto non è qualitativamente all’altezza del resto del tiro: di fatto questo passaggio di VI abbastanza obbligato è una variante che porta direttamente alla sosta su fix poco sopra. Di seguito la descrizione del tiro. Si aggira il punto di sosta e si sale la bella fessura fino a quando un chiodo invita a traversare a sinistra su stupenda roccia a tacche. Si segue ora una fessura da dita rovescia che sale verso sinistra e che permette di raggiungere una seconda fessura rovescia (chiodi). Si traversa ancora a sinistra su una zona più semplice e quindi in verticale ancora su difficoltà sostenuta e ottima roccia puntando ad una nicchia. Dopo aver rinviato un chiodo, si esegue ora lo scomodo passaggio strapiombante su roccia comunque buona che porta sopra al tetto in una strettoia da seguire verso sinistra. Possibile forte attrito delle corde data la presenza di fessurine in uscita (40 m)
l10: ci si trova sotto ad un evidente strapiombo dai margini a “v” rovesciata. Si sale in verticale (III/IV) e quindi verso una fessura/diedro a sinistra dello strapiombo. Un passaggio delicato (IV+) consente di raggiungere una zona appoggiata. Un chiodo indica di salire in obliquo verso destra in direzione della cengia erbosa di uscita. Sosta su fix non pervenuta, è presente però un chiodo da integrare (45 m)
l11: si segue verso destra la cengia erbosa a tratti esposta fino alla forcella dalla quale si vede la cima (circa 80 m, I)
discesa: si scende senza percorso obbligato il canale per poi risalire la vallata ghiaiosa prima ed erbosa poi fino ad intersecare il sentiero che scende dalla vetta del Cavallo. Da qui si scende verso le torri Winkel e Clampil prestando attenzione a seguire le indicazioni per la ferrata Contin verso destra (verso sinistra invece, è visibile in lontananza il bivacco Lomasti)
Zuc dal Bor
via normale (NO), III, un p. di 4a/b, EE
Mauro Dall’Argine, 17/08/2024
Via di indescrivibile soddisfazione che va aldilà di un grado tecnico di difficoltà d’arrampicata.
Questa salita è caratterizzata da grandi spazi, prima bucolici ora estremamente selvaggi e severi, dove è possibile ammirare tutt’attorno la pianura friulana che diventa montagna.
Nonostante i due tiri di corda per raggiungere la cima siano una correzione della via originale in parte franata (via di Kugy e Komac), la linea conserva comunque una logicità sensazionale.
Il versante nord ovest del Zuc dal Bor è semplicemente l’unghia di un pilastro gigantesco e vertiginoso che precipita verso ovest ed il legarsi ad una corda per raggiungerne la sommità così in fretta è un regalo della natura.
Certo questo dono va guadagnato con una lunga traversata in cresta dove sono necessari un passo sicuro e la pazienza nell’individuare sempre con prudenza le comunque abbondanti indicazioni di salita che se ignorate possono portare a situazioni pericolose.
Scesi dalla cima è possibile tornare al bivacco Bianchi tramite la cresta di salita ma certi punti (soprattutto l’iniziale sistema roccioso che porta in cresta) possono essere insidiosi da farsi in discesa. Ad ogni modo la presenza di mughi può comunque essere utile ad approntare una doppia di emergenza.
Decidiamo di concludere una giornata memorabile chiudendo un cerchio: dall’ultima doppia, sistemiamo il materiale e continuiamo il sentiero verso sud, lasciandoci alle spalle la cresta di salita. Questa è l’alta via del CAI Moggio Udinese che precipita lungo pendii erbosi e canali di roccia lavorata dall’acqua sino ad intersecarsi con il segnavia 425 che porta alla bellissima forcella Fonderis, quota 1802.
Da qui si scende verso nord per poi gradualmente risalire sino all’incantevole bacino del bivacco Bianchi.
La faggeta ed i suoi timidi animali (qualche camoscio e un insolito ghiro sul sentiero) fanno da sfondo alla discesa.
Vicino alla casera Vualt è possibile intersecare il Rio Pacol che sembra avere sempre dell’acqua, garanzia di un refrigerio rigenerante.
Mauro Dall’Argine
- il camino squadrato della via dei finanzieri
- in vetta al Cavallo di Pontebba
- il canale tra la cima e la cresta d'avvicinamento
- uno sguardo verso la Grauziaria
- Zuc dal Bor
