CONVEGNO GARS AL RIFUGIO TREVISO, PALE DI S. MARTINO
5-7 luglio 2024, convegno G.A.R.S. presso il rifugio Treviso alle Pale di San Martino
Numerosi sono gli eventi della Società Alpina delle Giulie che il rifugio Treviso ha ospitato negli scorsi decenni.
Come incassato in una profonda dolina ai bordi della quale svettano verso il cielo cime acuminate, il Treviso dorme all’ombra della Pala del rifugio che nasconde il ben più ambito Sass d’Ortiga.
Avremmo volentieri percorso il suo mitico spigolo ovest, una via talmente bella ed isolata da essere dipinta come una delle migliori scalate delle dolomiti. Oppure c’è la Scalet-Bettega, via diventata celebre per quel diedro perfetto, meta di molti alpinisti.
Niente di tutto ciò: ormai noi siamo abituati ai convegni umidi all’insegna di violenti temporali notturni e pareti bagnate avvolte dalle basse nubi. In questo scenario lugubre ma ricco di un fascino selvaggio, Calice e Sofi percorrono lo spigolo Castiglioni-Detassis della Pala del rifugio, una via dalla discesa molto complessa e pericolosa, affrontata con calma e prudenza.
Stefano, Poz ed Enrico ci fanno compagnia nel vano tentativo di raggiungere il lontano Sass d’Ortiga ma presto ci rendiamo tutti conto che la cosa non ha senso. Tra le nubi si palesa la parete nord della Punta della disperazione, parete che ho percorso solo nel lontano 2018, al mio primo corso di alpinismo. La decisione è comune: saremmo andati tutti lì.
Niente da fare per la Timillero-Tomas che è troppo bagnata ma non per una cordata veneta affiatata che l’attacca facendoci capire con molto garbo di non gradire la nostra presenza sul medesimo itinerario. Attacchiamo così la Timillero-Secco e propongo a Giovi di uscire per quella variante che nel 2018 mi aveva dato molte pene da secondo di cordata, ovvero il termine della via Giuliana.
Questa finisce in un diedro strapiombante sostenuto che aggira la punta verso sinistra e porta a cavallo della crestina sotto la vetta. Ci dividiamo qui con Stefano, Poz ed Enrico. Attacco il diedro e con timore ma rinnovata motivazione riesco a liberarlo. Lo stesso farà Giovanna nonostante lo zaino.
In cima aspettiamo gli amici e le nuvole ci avvolgono in una danza che si sviluppa in verticale, sopra l’ululare del vento.
Germogliano dentro di me sensazioni positive, quelle che lego alla montagna da sempre e che a volte sento mi abbandonino forse causa la frenesia della vita quotidiana e le inquietudini più disparate.
Scendiamo in fretta perché decidiamo di attaccare un’altra via: la nota fessura Franceschini sul Dente del rifugio.
La percorreranno anche Calice e Sofi qualche ora dopo intersecandosi con i nostri altri 3 amici che arrampicano la vicina Chiarastella.
Della fessura, che è sostenuta ma ben appigliata, Giovi dirà: “avrei voluto non finisse mai”. Si giunge dopo qualche tiro umido sulla seconda cima della giornata circondata dai mughi e assonnato come sono ci bivaccherei molto volentieri qui.
Scendiamo rapidi al rifugio e davanti ad un paio di bicchieri di rosso sfogliamo annoiati la guida consapevoli che mai avremmo potuto scalare l’indomani sotto una pioggia certa.
Ci raggiungono la sera Chiara e Walter e la banda è al completo: qualche grappa, qualche tisana, qualche partita a carte e poi, sotto migliaia di piccole dita che tamburellano sul tetto, dormiamo profondamente sognando caffè e burro d’arachidi.
Mauro Dall’Argine